“Romanera” con i nostri soldi

Capacità di governo pari a zero ma in quanto a fame di posti e prebende pubbliche la destra che governa Roma e il Lazio non ha rivali. Daniele Autieri nel suo libro-inchiesta “AleMagno, Imperatore di Roma”, edito da Aliberti, racconta le trame della più grande assunzione di massa degli ultimi anni. Oltre tremila persone, tutti parenti e amici di politici, affaristi ed ex-fascisti hanno trovato posto nelle società del Comune di Roma.
Leggiamo uno stralcio del libro tratto dal primo capitolo dal titolo “Romanera”.
«Prego il ministro Alemanno di avvicinarsi al microfono». La voce del prete rimbomba nella navata della chiesa di Santa Maria della Consolazione, ai piedi del Campidoglio. Sono le 15,20 di sabato 1° aprile 2006 e il futuro sindaco di Roma, allora ministro dell’Agricoltura, è chiamato a dare un saluto all’amico, consigliere e guida spirituale: Peppe Dimitri.
Sedute sui banchi della chiesa ci sono tutte le anime della destra: i giovani di Alleanza Nazionale, quelli del Fronte Nazionale, di Forza Nuova e Casa Pound; al loro fianco, in un puzzle storico messo su dal caso, hanno preso posto i reduci di Terza Posizione, ormai quarantenni e quelli di Avanguardia Nazionale, ancora più anziani. Osservando bene si riconosce qualche vecchio combattente della Repubblica di Salò, ma quello che conta è che a salutare il “comandante Dimitri” ci siano anche gli uomini che ormai indossano abiti scuri e popolano le stanze del potere.
Gianni Alemanno è uno di loro e sa che gli sguardi e le orecchie della base, della destra più radicale, sono tutti per lui, per l’uomo che ha chiuso il colletto della camicia a coprire il tatuaggio della celtica.
«Ho conosciuto tardi Peppe – esordisce – ci siamo intravisti a Rebibbia, quando entrambi eravamo detenuti, ma non ci eravamo praticamente parlati (…). Tutti noi siamo sempre rimasti legati a Peppe. E se siamo qui, ciò significa che ci è venuti a cercare uno a uno. Per parlarci, convincerci. Come sapeva fare lui. E ci è riuscito. Di tutto questo, di questo insegnamento, di questo esempio, gli saremo sempre grati».
La folla lo applaude. I più giovani provano un certo rispetto per il Principe, il duro del Fronte della Gioventù che ha portato in Parlamento la destra sociale; anche i suoi amici storici lo guardano soddisfatti. Sanno che Gianni Alemanno è il loro futuro.
Pochi minuti dopo, intorno alla bara di Peppe Dimitri, il destino compie un piccolo miracolo e anticipa il futuro. Il prossimo sindaco di Roma prende sulle spalle il feretro; Enzo Piso, oggi coordinatore del Pdl nel Lazio e ispiratore delle nomine in Atac, impugna il microfono e richiama l’attenzione dei camerati per il saluto finale. Francesco Bianco, uno dei neo-assunti nell’azienda romana dei trasporti, è al vertice della punta di freccia che forma il picchetto d’onore. E infine Riccardo Mancini, l’uomo voluto da Alemanno sulla poltrona di Eur spa, organizza e coordina il corteo.
Questo è il nucleo di una famiglia unita da un legame di sangue più forte della parentela stessa. È l’embrione di Parentopoli, il germe di un sistema che nasce dalla militanza politica, dall’intreccio di passioni e di esperienze condivise. Un’affiliazione che vale più di qualsiasi Dna, perché si nutre di ideali e battaglie comuni (…)”.
Ma per capire dove il sindaco di Roma ha attinto per occupare le posizioni di potere nelle aziende capitoline, bisogna andare al 2 dicembre del 1995. Quel giorno la destra porta in piazza a Roma 100mila persone per chiedere elezioni subito. Nella massa dei manifestanti si distingue un corteo compatto di circa 5mila persone, unite dietro uno striscione che recita: Oltrelinea. Una corte di fedelissimi, stretti ad Alemanno da un legame di sangue e di rispetto, che il sindaco ricompensa offrendogli la testa della città. Tra loro, oltre a Vincenzo Piso e Marcello De Angelis, ci sono Riccardo Mancini (Ente Eur), Antonio Lucarelli (ex-Forza Nuova oggi capo della segreteria del sindaco); Stefano Andrini (il fascista del Capranica in Ama), Francesco Bianco (dai Nuclei Armati Rivoluzionari all’Atac), Gianluca Ponzio (dalla militanza di Terza Posizione all’Atac), Ranieri Mamalchi (dalla segreteria di Alemanno all’Agricoltura alla dirigenza in Acea), Mario Andrea Vattani (da Forza Nuova al cerimoniale del sindaco).
Steso modalità d´azione quella della gerarchetta della Regione. Per non farla troppo lunga prendiamo solo l´ultiam chicca. Salvatore Ronghi, ex missino, che in omaggio alla sua militanza, nel 2010, è stato nominato segretario generale alla Regione alla bella cifra di 190mila euro l´anno oggi, senza alcuna competenza specifica, viene nominato nel Cda della “Fondazione Cinema per Roma”. Ora, è vero che siamo tutti democratici e che a nessuno verrebbe più in mente di urlare vecchi slogan ma che fascisti, ex-fascisti, post fascisti si abbuffino con i nostri soldi è, francamente, intollerabile.
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